#FILM
“Ahinco” di Simona Palmieri (2024)
Schermo nero. Qualcuno inizia a parlare: “non è facile dire chi è Manolo, che cosa fa Manolo. È difficile sapere chi è”. Poi una saracinesca si alza, con tanto di applauso, come il sipario all’inizio di uno spettacolo.
Comincia il teatro della vita di Manolo, l’edicolante di via Roen che entra in scena quotidianamente per scandire le giornate degli anziani clienti del suo chioschetto. In tre atti distinti – sacrificio, origine, maschera – non conosciamo mai davvero chi è Manolo, ma sappiamo che non ama ricordare il passato. La sua identità vive solo nel presente.
D’altronde il titolo ahìnco significa “impegno”, “tenacia”, due fondamenti nell’esistenza del giornalaio. Forse in Perù era un professore, mentre ora, più che gestire un’edicola, sembra destreggiarsi come attore: è una persona nel senso latino del termine, una maschera che ha dovuto imparare ad adattarsi all’ambiente, alla gente, alla lingua (oltre allo spagnolo e all’italiano, parla il tedesco). “In Italia ho imparato ad essere ipocrita”: l’autoironia è uno strumento per celare le sue vere ferite, ma davanti agli altri è un Rigoletto spigliato e clownesco, un personaggio giocoso e cordiale.
L’affabilità non rivela però una solitudine dolorosa, che non può emergere dalle fugaci conversazioni con i clienti. Solo in un onirico e irreale debutto sotto i riflettori, con tanto di leggio e illuminazione da palcoscenico, Manolo può parlare di sé, lasciando trasparire le importanti difficoltà legate all’integrazione e alla comprensione della propria identità.
Ahinco di Simona Palmieri nasce dal suo percorso alla scuola di documentario ZeLIG di Bolzano, con la quale ha realizzato anche il suo corto documentario Stanze (2024).
Autore: Ludovico Franco
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Questo film fa parte del programma Dieci corti italiani in giro per il mondo 2025.
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