#FILM
“Balaena” di Alessia Cecchet (2022)
Dove va vista un’opera di videoarte? In una galleria, in museo o in una sala cinematografica, magari all’interno di un festival? Questa domanda affianca spontaneamente quelle proposte da Alessia Lupo Cecchet ai suoi spettatori: dove e come va visto il corpo spiaggiato di una balena? E cosa è sotteso dalle pratiche più comuni di rappresentazione degli animali morti? Certo bisognerebbe anche chiedersi come l’animale sia finito lì, perché si sia trasformato in un relitto, ma questo non deve distogliere l’interesse dalla questione sollevata dall’artista bellunese.
Per trasmettere la rilevanza e l’urgenza dei quesiti posti viene adottato uno stile schietto e documentarista, squarciato dall’uso ossessivo della dissolvenza, come da tradizione strumento capace di piegare le leggi naturali dello spazio e del tempo. Una vivisezione digitale che fa il paio con quella chirurgica e reale messa in scena in un momento cruciale dell’opera. In questo inserto, utilizzando la tecnica del collage a là Peter Greenaway, la Cecchet costruisce un quadro parzialmente in movimento che coniuga, esattamente come la dissolvenza, luoghi e tempi passati con l’attualità.
Ne scaturisce una riflessione sulla morte e sul valore del corpo, sia traccia tangibile del soffio della vita che oggetto – quindi elemento inanimato – dell’ossessione scopica dell’odierna società consumistica. Una bulimia di immagini che per essere nutrita deve coinvolgere tutti e tutto, appropriandosi, spesso indebitamente, di nuovi oggetti da osservare. Nella speranza che questa democratizzazione – secondo alcuni anarchia – porti quantomeno a distruggere il monopolio di chi, detenendo il potere di creare immagini, imponeva uno sguardo forzatamente collettivo.
– Enrico Nicolosi
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